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mercoledì 10 febbraio 2016

Anderson .Paak - Malibu


















In ambito R&B quest'anno difficilmente troveremo di meglio. Il secondo disco sulla lunga distanza è per Anderson .Paak una conferma assoluta, nonché tra le uscite migliori di questo inizio 2016. Il pupillo di Dr. Dre non delude le aspettative e sforna un album praticamente irresistibile per tutta la sua durata. Sedici brani in scaletta che spaziano tra soul, hip hop, funk. Tutto regolato da una classe e da un' eleganza sopraffina capace di offrire lampi di bellezza. Non mancano le svariate collaborazioni: BJ the Chicago Kid, ScHoolboy Q, Rapsody, The Free Nationals United Fellowship Choir, The Game and Sonyae Elise, Talib Kweli and Timan Family Choir. Prendetemi sulla parola quando affermo che diventa davvero difficile individuare un brano di punta. Sì, perché "Malibu" è una raccolta strepitosa di canzoni calate in un groove accattivante e suggestivo. Si tratta di un lavoro ottimo ed equilibrato, che non lascia spazio alla noia, contemporaneo e con rimandi al passato. Il giovane californiano ci mette anima e cuore e porta a compimento quello che si prospetta come uno dei dischi che ci ritroveremo nelle classifiche di fine anno. Un' ora di puro godimento. Splendida anche la copertina.

Eleganza  | 8




martedì 3 novembre 2015

Jono McCleery - Pagodes


















Novembre sembra essere il mese migliore per iniziare a stilare la solita classifica di fine anno. Il terzo album di Jono McCleery è arrivato nei negozi già da qualche settimana e si appresta a mettere in discussione tale classifica; almeno nel mio caso. La partenza è straziante: This Idea of Us dispiega atmosfere malinconiche, avvolgenti, che sul finire esplodono in un vortice in cui sono impiegati gli archi e tonnellate di tensione. E diventa inevitabile non pensare alla celebre Day is Done e a tutto ciò che circonda la musica di Nick Drake. Ma nelle corde di Jono McCleery ci sono anche Robert Wyatt, John Martyn, Terry Callier, James Blake, Fink, Chet Faker. Accade quindi che un brano acustico come Age of Self lasci spazio alle sfumature dub step di Since I e al soul marziano di Painted Blue. Ballade si muove ancora sulle coordinate di un soul intimo, aggiungendo un' efficacia ritmica sostenuta da chitarre in lontananza e un pianoforte che sembra interrompersi per poi ripartire ogni volta. Clarity è gospel spaziale, mentre Halfway è un onirico r&b che annega tra tastiere e archi possenti. In Bet She Does Jono decide di spogliarsi di tutto per presentarsi solo voce e chitarra, mentre in  Fire in My Hands si accomoda al pianoforte per una ballata celestiale. Desperate Measure e Pardon Me non aggiungono tanto, ma il finale di So Long è di quelli che lascia il segno. Jono McCleery mette in piedi un disco riuscitissimo. Personale e raffinato. Affascinante e drammatico; capace di incasellare soul, folk, pop ed elettronica sotto un unico tetto, con loop e riverberi trattati in modo equilibrato. Ottimo anche il lavoro di produzione.

Malinconico  | 8



mercoledì 1 luglio 2015

Algiers - Algiers


















L’irruenza del post punk, il fascino oscuro del blues, la sensualità del soul, la capacità evocativa del gospel, la potenza di certa musica tribale. Aggiungete, poi, una forte componente politica (il nome fa riferimento alla guerra d’indipendenza algerina) e il gioco è fatto. Lasciatevelo dire: “Algiers” è un disco che lascia il segno. Un miscuglio infernale che trapassa la pelle da parte a parte. Il tutto nasce quando Ryan Mahan e Lee Tesche, due musicisti della scena post punk, incrociano sulla loro strada Franklin James Fisher, un cantante di colore cresciuto praticamente a pane e gospel. Ciò che ne viene fuori è una fusione brutale, che sa di dolore. Birthday Party, Bad Seeds, New Order, Tv on the Radio, Angela Davis, Suicide, Public Enemy, sono tutti invitati alla cerimonia messa in scena dai tre musicisti. Il risultato è un disco magnetico, glorioso. Un lavoro capace di mescolare passato e presente in uno scenario sonoro del tutto nuovo. Prendiamo ad esempio Remains, un mantra ricoperto di beat e mareggiate di tastiere; c’è poi Claudette, un’ apoteosi di energia che sfoggia chitarre acuminate. Ma quando arriva Blood , tutto precipita e prende sembianze ancor più strazianti .Old Girl viaggia su ritmi elevati, mentre Irony. Utility. Pretext è un continuo sussulto di ritmi new wave. Black Eunuch  è un incastro feroce di basso e batteria che anticipa il soul viscerale di Games. Su tutto s’innalza imponente la voce di Franklin James Fisher, capace di picchi straordinari. Non vi basta?

Sensazionale | 8

domenica 19 gennaio 2014

James Vincent McMorrow – Post Tropical


















Avete presente quella foschia mattutina dei primi giorni di estate, quando il sole non attende altro che potersi riversare sul mondo? E un po’ questa l’atmosfera che si respira nel secondo album di James Vincent McMorrow. Interprete di un nu-soul etero dalle sfumature folk, filtrato attraverso un’ elettronica evanescente, l’artista di origine Irlandese, dopo il debutto di quattro anni fa con “Early in the Morning”, realizza un secondo album a dir poco incantevole. Potremmo definire la musica di James Vincent McMorrow come la fusione perfetta tra la malinconia di Bon Iver e la sensualità di James Blake. Un suono vellutato e solenne ci accompagna lungo i sentieri di un paesaggio incantato. Una raccolta di canzoni che segnano un’ evoluzione musicale per il giovane cantautore e che rappresentano il tentativo e la ricerca di una propria dimensione stilistica. Cavalier, All Points, Look Out, Repeating, Post Tropical e Outside Digging, sono come brezza marina che si posa su un cuore in fiamme. Prodotto dallo stesso musicista, e registrato in una fattoria tra Stati Uniti e Messico, “Post Tropical” è un intreccio intrigante di nostalgia e tenerezza. 

Soave | 7.7