Non è certo uno a cui piace stare con le mani in mano, Giovanni Peli. Nel suo sito, alla voce biografia, troverete riportato: “Giovanni Peli (1978) ha pubblicato la raccolta di terzine “Informazioni fiammanti” nell’antologia Meccano (2004), il poemetto “Il principe, il bibliotecario e la dittatura” della fantasia (2008), l’album cantautorale “Tutto ciò che si poteva cantare” (2012) e la raccolta di poesie “Il passato che non resta” (2012). È autore del testo di “In memoria di Pier Paolo Pasolini”. “Concerto per voci e strumenti” (2005), progetto musicale di Antonio Giacometti, del libretto d’opera “Lies and Sorrow” (2006), per la musica di Mauro Montalbetti, e del monologo in dialetto bresciano “Brèsa desquarciàda” (2007). La sua ultima opera è l’ep elettronico/cantautorale “Specie di spazi” (2014).” Un biglietto da visita che non lascia dubbi: Giovanni Peli è un artista da tenere d’occhio. “Specie di spazi” è il disco che segna la svolta elettronica del cantautore italiano. A due anni dal precedente “Tutto ciò che si poteva cantare”, il nuovo lavoro vede la luce esclusivamente in formato digitale, e rappresenta per il giovane artista un traguardo importante. Sinuosa ed essenziale. Questa è la definizione migliore per descrivere la sua musica. Un connubio di cantautorato ed elettronica che si muove alla ricerca di una dimensione sonora intima e personale; il tutto regolato da una scrittura cristallina e sempre piacevole. Le 5 splendide canzoni presenti in questo nuovo lavoro scorrono leggere in perfetto equilibrio tra synth pop e folktronica. Un suono che si colloca al limite tra la malinconia sintetica dei Tunng e l’ urgenza visionaria del Battisti targato Panella, fa di questo EP un lavoro interessante ed eclettico. “Specie di spazi” è il disco del cambiamento, e si spoglia della dimensione amorosa del precedente lavoro per abbracciare temi importanti come la guerra, la disoccupazione, la speranza. Il titolo del disco rimanda a Espèces d'espaces, opera di Georges Perec.
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