L’irruenza del post punk, il fascino oscuro del blues, la sensualità
del soul, la capacità evocativa del gospel, la potenza di certa musica tribale.
Aggiungete, poi, una forte componente politica (il nome fa riferimento alla
guerra d’indipendenza algerina) e il gioco è fatto. Lasciatevelo dire: “Algiers”
è un disco che lascia il segno. Un miscuglio infernale che trapassa la pelle da parte a parte. Il tutto nasce quando Ryan Mahan e Lee Tesche,
due musicisti della scena post punk, incrociano sulla loro strada Franklin
James Fisher, un cantante di colore cresciuto praticamente a pane e gospel. Ciò
che ne viene fuori è una fusione brutale, che sa di dolore. Birthday
Party, Bad Seeds, New Order, Tv on the Radio, Angela Davis, Suicide, Public Enemy, sono tutti
invitati alla cerimonia messa in scena dai tre musicisti. Il risultato è un disco magnetico, glorioso. Un lavoro capace di mescolare passato
e presente in uno scenario sonoro del tutto nuovo. Prendiamo ad esempio Remains, un mantra ricoperto di beat e mareggiate di tastiere; c’è poi Claudette,
un’ apoteosi di energia che sfoggia chitarre acuminate. Ma quando arriva Blood , tutto precipita e prende sembianze ancor
più strazianti .Old Girl viaggia su
ritmi elevati, mentre Irony. Utility.
Pretext è un continuo sussulto di ritmi new wave. Black Eunuch è un incastro
feroce di basso e batteria che anticipa il soul viscerale di Games. Su tutto s’innalza imponente la
voce di Franklin James Fisher, capace di picchi straordinari. Non vi basta?
Sensazionale | 8
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