Con lo scioglimento dei Women, avvenuto dopo la morte di Chris Reimer, Matt Flegel e Mike Wallace si rimboccano le maniche e mettono su un nuovo progetto. Per la nuova avventura si fanno aiutare da Scott Munro e Danny Christiansen. Nascono i Viet Cong, e questo loro esordio è forse il primo grande disco dell' anno; anche se i canadesi si sono fatti già notare grazie a "Cassette", venduto inizialmente solo durante i loro tour e poi pubblicato su vinile dalla Mexican Summer. Senza perdersi troppo tra le parole si potrebbe dire che questo primo vero album mette meglio in chiaro le idee dei quattro ragazzi: racchiudere in squarci kraut il post punk più oscuro e il garage più spasmodico. Il risultato è ottimo e sfocia in 7 composizioni aspre e spigolose. Una centrifuga sonora violenta e viscerale fatta di chitarre taglienti e ritmiche nervose. Un disco efficace e potente, rivestito di un suono severo e curato al dettaglio, con un' elettronica in espansione e bassi sferzanti. Non si fa in tempo a riprendersi dai sussulti poderosi dell' iniziale Newspaper Spoons che Pointless Experience mette in scena un suono metallico e obliquo. Ci sono poi le ritmiche aliene di March of Progress che sbocciano in una cantilena psichedelica che a sua volta si deforma e matura in melodie new wave; le atmosfere asfissianti delle spigolose Bunker Buster e Continental Shelf; il sound sagace di Silhouettes. Arrivano poi sul finale gli oltre 11 minuti di Death a scaraventarci in un labirinto impetuoso fatto di spasmi e ondate di atroce potenza. Un' ultima cosa: va ascoltato a volumi altissimi.
Iniziate pure ad inserirlo tra i migliori dell' anno.
Che furia! | 8
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