martedì 21 luglio 2015

Johnny Dowd - That’s Your Wife On The Back Of My Horse

Già lo scorso anno ho provato a parlarvi di Johnny Dowd; anche con ottimi risultati, direi. Fatto sta che quella recensione finisce dritta tra le mani dell' autore che dopo qualche mese mi contatta e mi spedisce il nuovo album. Chiusa questa piccola parentesi anche personale, torno nuovamente a raccontarvi di un personaggio che in Italia è ancora inspiegabilmente sconosciuto. Alla soglia dei 70 anni, Johnny, texano di nascita e stabilitosi a New York dal 1965, ha alle spalle una carriera come componente nei Jokers e nei  Neon Baptist. Johnny è uno ancora capace di grandi sorprese. Ne è prova questo tredicesimo album in carriera, lavoro in cui l' artista americano propone nuovamente una miscela esplosiva di rock bizzarro quanto geniale. Sì, perché il signor Dowd ha un talento irrefrenabile e nella sua musica ci fa entrare di tutto: dal punk, all' elettronica; dal folk al funky; dal garage al blues. E così via. Insomma: Johnny è uno con le palle. "That’s Your Wife On The Back Of My Horse" viaggia sui binari di un' elettronica mutevole, sintetica, e stupisce per potenze e freschezza. Tutto gira attorno a ritmi e pulsazioni roboanti. Per l' occasione pare che Johnny abbia rispolverato una vecchia drum machine usata per il suo primo album, quel “Wrong side of Memphis” che getterà le basi per il suo stile unico e ineguagliabile. "That’s Your Wife On The Back Of My Horse" si presenta come un disco forte ancora una volta di un umorismo personale e un sound variegato e poco catalogabile. L' inizio è di quelli che servono a mettere in chiaro le cose; giusto per preparare l' ascoltatore ad essere travolto dai beats e dalle chitarre distorte di White Dolemite e dai riff oscuri di Cadillac Hearse. Tocca poi a The Devil Don't Bother Me, uno di quei brani capaci di far tremare l' appartamento, mentre Empty Purse è puro blues alieno. Johnny trova anche il tempo per una docile ballata come Why?. Arrivano poi in sequenza: Sunglasses, Nasty Mouth, Words Are Birds e l' impressione è quella di essere approdati su un pianeta lontano. Il resto del disco non si discosta tanto da queste sensazioni. I paragoni con Zappa, Lou Reed e Captain Beefheart sono inevitabili e per niente esagerati. Il resto, poi, sta a voi deciderlo.

Alieno | 7.8






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