L’ esordio nel 2002 con “0”, uno dei dischi più
belli degli ultimi 20 anni. Un secondo album a distanza di quattro anni. E poi un lungo
silenzio. Negli otto anni che separano “9” da questo nuovo lavoro, Damien Rice ha dovuto affrontare la separazione da Lisa
Hannigan. In tutto questo tempo si è fatto notare per qualche cover, una manciata di esibizioni live, la collaborazione con David Hopkin per il brano There Are Debts e una breve
apparizione a Sanremo. Poi un giorno arriva finalmente la notizia di un nuovo disco. È Rick Rubin ad accompagnare l’ autore irlandese
in questa terza avventura. “My Favourite Faded Fantasy” ha
il compito di giustificare 8 lunghi anni di silenzio; anni in cui Damien ha recuperato
appieno l’ ispirazione, sprigionata oggi in tutta la sua drammatica potenza attraverso
queste nuove splendide canzoni. E così un giorno, alla soglia dei 40 anni, ritorna ad
imbracciare la chitarra e a spalancare nuovamente le porte del cuore. Il tempo di guarire
dalle ferite della vita per poi tornare a
cantare l’ amore, la solitudine, la speranza.“Ci è voluto molto allenamento all’ inizio, come
per imparare di nuovo a camminare. Poi le cose hanno cominciato ad andare bene.
Era passato un anno e il disco non era ancora terminato. A quel punto ero ormai
in balia degli eventi che non mi importava. Come quando vivi uno di quei giorni
così belli che non vorresti mai andare a dormire. È stato tutto così bello che
non volevo che finisse.” Così (si) racconta l’ autore irlandese nel video
girato e montato da Curly Commas.
Partiamo col dire che “My Favourite Faded Fantasy” è un disco bello fin dalla copertina, e a tratti suona anche diverso rispetto ai due lavori precedenti. L'approccio prettamente acustico viene quasi del tutto sostituito da una strumentazione ricca, enfatica e curata nei minimi dettagli, che in alcuni episodi sfoggia tipici elementi post rock e minuziosi inserimenti di elettronica. La produzione per certi versi ricorda quella di "Tower of Silence" di Steve Adey e alcune composizioni di Craig Armstrong. La mano di Rick Rubin si sente eccome, insomma. Siamo ancora una volta di fronte a un ciclo di ballate intime che arrivano come un fiume in piena, su cui svetta una capacità di scrittura sempre attenta e precisa. Però qualcosa è cambiato, e lo si avverte sin dalle prima note. Quando parte il primo brano si fa quasi fatica a riconoscerlo, Damien. La sua voce è diversa, soffusa e di una delicatezza unica. Arriva poi It Takes a Lot to Know a Man e ci si rende conto che il cuore rischia di frantumarsi in mille pezzi. Più di 9 minuti di assoluto splendore per una canzone spaccata in due che proprio non ti aspetti. In The Greatest Bastard ritroviamo il Damien Rice dei lavori precedenti: chitarra alla mano e voce sofferta “Sono il più grande bastardo che conosci - l’unico che ti ha lasciato andare - l’unico a cui non sopporti di far del male? - Stavamo bene quando si stava bene, - quando non c’erano fraintendimenti”. La sua straordinaria capacità compositiva viene fuori anche in I Don't Want to Change You e Colour in Me, canzoni stupende che conquistano in poche battute.
Partiamo col dire che “My Favourite Faded Fantasy” è un disco bello fin dalla copertina, e a tratti suona anche diverso rispetto ai due lavori precedenti. L'approccio prettamente acustico viene quasi del tutto sostituito da una strumentazione ricca, enfatica e curata nei minimi dettagli, che in alcuni episodi sfoggia tipici elementi post rock e minuziosi inserimenti di elettronica. La produzione per certi versi ricorda quella di "Tower of Silence" di Steve Adey e alcune composizioni di Craig Armstrong. La mano di Rick Rubin si sente eccome, insomma. Siamo ancora una volta di fronte a un ciclo di ballate intime che arrivano come un fiume in piena, su cui svetta una capacità di scrittura sempre attenta e precisa. Però qualcosa è cambiato, e lo si avverte sin dalle prima note. Quando parte il primo brano si fa quasi fatica a riconoscerlo, Damien. La sua voce è diversa, soffusa e di una delicatezza unica. Arriva poi It Takes a Lot to Know a Man e ci si rende conto che il cuore rischia di frantumarsi in mille pezzi. Più di 9 minuti di assoluto splendore per una canzone spaccata in due che proprio non ti aspetti. In The Greatest Bastard ritroviamo il Damien Rice dei lavori precedenti: chitarra alla mano e voce sofferta “Sono il più grande bastardo che conosci - l’unico che ti ha lasciato andare - l’unico a cui non sopporti di far del male? - Stavamo bene quando si stava bene, - quando non c’erano fraintendimenti”. La sua straordinaria capacità compositiva viene fuori anche in I Don't Want to Change You e Colour in Me, canzoni stupende che conquistano in poche battute.
È un incendio di bellezza quello che divampa da una
traccia all’ altra; un terremoto di malinconia sempre pronto a far vibrare le
corde più profonde del cuore: The Box
toglie letteralmente il fiato “non offrirmi un amore fatto di regole - quel tipo di amore è per gli stupidi - e io ho chiuso con tutto questo - e con i miei motivi per allontanarmi - i miei motivi per voler cambiare - i miei motivi per tutto quello che ho perso con te”. Seguono gli 8 minuti di Trusty and True, in cui Damien mette in luce le sue radici irlandesi, e il finale etereo di Long Long Away.
Ancora una volta Damien Rice riesce a dare vita ad una serie di canzoni impeccabili,
che hanno il potere di entrarti dentro sin da subito. “My Favourite Faded Fantasy” è un album denso, capace di scavare a fondo.
In un’ intervista recente, Damien racconta che prima della
pubblicazione di “0” era intenzionato a stabilirsi in Italia per intraprendere
la vita da contadino. Una volta realizzato di essere troppo giovane, torna in
Irlanda e inizia a registrare il disco di esordio. Mai scelta fu più giusta. Ve lo immaginate un mondo
senza le canzoni di Damien Rice?
Miracolo | 9
Ascolta "It Takes a Lot to Know a Man"
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