Risuonano le campane dell’inferno per la nuova pubblicazione in casa Swans.
"To Be KInd”, album prodotto da Michael Gira e registrato tra ottobre e dicembre dello scorso anno insieme al produttore John Congleton al Sonic Ranch, fuori da El Paso Texas, giunge a distanza di due anni dall’ultimo “The Seer” e si materializza ancora una volta in un maestoso doppio album/triplo LP, e in un' edizione deluxe contenente anche un dvd live. Siamo nel pieno della nuova era Swans, e Michael Gira e soci non sembrano avere la minima intenzione di arrestare questa poderosa macchina di disperazione sonora. Apocalittico e dilaniante, "To Be Kind" stordisce l’ascoltatore riprendendo la formula del precedente lavoro: 2 ore di musica per 10 tracce (non è certo cosa da tutti). È blues che emerge dalle macerie del post punk a farsi strada tra le acque fangose di queste nuove liturgie trascendentali. "To Be Kind" s'infiamma e deflagra in un vortice di macabra allucinazione, dove gli strumenti si trasformano armi pronte a trapassarti la pelle. Si tratta di un lavoro che permette alla band americana di perfezionare e mettere meglio a fuoco il nuovo approccio sonoro; un passaggio di testimone tra due opere, "The Seer" e quest' ultima, che vanno a segnare inevitabilmente il percorso intrapreso dalla formazione statunitense. Il nuovo capitolo degli Swans è uno sprofondare continuo attraverso labirinti sonori dal fascino morboso, che ci conducono lungo l’ ennesimo viaggio nel lato più oscuro del rock: due ore di sofferenza post-psichedelica che s' innalza in una mareggiata distruttiva. L' inquietudine che scaturisce dall'iniziale Screen Shot, l' inesorabile lentezza di Just a Little Boy (for Chester Burnett), il funky lussureggiante di A Little God In My Hands, il mantra schizofrenico di Bring the Sun/Toussaint L'Ouverture, l’assalto feroce e ipnotico di She Loves Us, la potenza distruttiva di Oxygen, la tensione magnetica di Nathalie Neal, e il finale mistico-siderale della title track, compongono un quadro sonoro di assoluta bellezza, il cui risultato sembra essere sospeso tra un caos di straziante consapevolezza e un delirio infernale dal quale non si ha nessun possibilità di uscire incolumi. L'impatto è di quelli che lascia nuovamente il segno. Muri di chitarre, ondate di elettronica e volumi vorticosi, portano a compimento l'ennesimo capolavoro di un gruppo che il rock ce l'ha nell' anima e nel cuore . E pensare che siamo al 13esimo disco in ben 31 anni di attività.
Non so voi, ma io degli Swans non potrei proprio fare a meno.
"To Be KInd”, album prodotto da Michael Gira e registrato tra ottobre e dicembre dello scorso anno insieme al produttore John Congleton al Sonic Ranch, fuori da El Paso Texas, giunge a distanza di due anni dall’ultimo “The Seer” e si materializza ancora una volta in un maestoso doppio album/triplo LP, e in un' edizione deluxe contenente anche un dvd live. Siamo nel pieno della nuova era Swans, e Michael Gira e soci non sembrano avere la minima intenzione di arrestare questa poderosa macchina di disperazione sonora. Apocalittico e dilaniante, "To Be Kind" stordisce l’ascoltatore riprendendo la formula del precedente lavoro: 2 ore di musica per 10 tracce (non è certo cosa da tutti). È blues che emerge dalle macerie del post punk a farsi strada tra le acque fangose di queste nuove liturgie trascendentali. "To Be Kind" s'infiamma e deflagra in un vortice di macabra allucinazione, dove gli strumenti si trasformano armi pronte a trapassarti la pelle. Si tratta di un lavoro che permette alla band americana di perfezionare e mettere meglio a fuoco il nuovo approccio sonoro; un passaggio di testimone tra due opere, "The Seer" e quest' ultima, che vanno a segnare inevitabilmente il percorso intrapreso dalla formazione statunitense. Il nuovo capitolo degli Swans è uno sprofondare continuo attraverso labirinti sonori dal fascino morboso, che ci conducono lungo l’ ennesimo viaggio nel lato più oscuro del rock: due ore di sofferenza post-psichedelica che s' innalza in una mareggiata distruttiva. L' inquietudine che scaturisce dall'iniziale Screen Shot, l' inesorabile lentezza di Just a Little Boy (for Chester Burnett), il funky lussureggiante di A Little God In My Hands, il mantra schizofrenico di Bring the Sun/Toussaint L'Ouverture, l’assalto feroce e ipnotico di She Loves Us, la potenza distruttiva di Oxygen, la tensione magnetica di Nathalie Neal, e il finale mistico-siderale della title track, compongono un quadro sonoro di assoluta bellezza, il cui risultato sembra essere sospeso tra un caos di straziante consapevolezza e un delirio infernale dal quale non si ha nessun possibilità di uscire incolumi. L'impatto è di quelli che lascia nuovamente il segno. Muri di chitarre, ondate di elettronica e volumi vorticosi, portano a compimento l'ennesimo capolavoro di un gruppo che il rock ce l'ha nell' anima e nel cuore . E pensare che siamo al 13esimo disco in ben 31 anni di attività.
Non so voi, ma io degli Swans non potrei proprio fare a meno.
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