giovedì 17 settembre 2015

Jim O' Rourke - Simple Songs


















Un' immagine di spalle, come a volersi porre ancora una volta in disparte. Il curriculum di Jim O' Rourke conta innumerevoli collaborazioni. Una sfilza di produzioni a fianco di gente come, Thurston Moore, Oren Ambarchi, i Wilco, giusto per fare qualche nome. Sperimentatore, produttore, musicista poliedrico, O' Rourke, che da anni si muove dietro le quinte, non è uno a cui piace stare lì con le mani in mano. Stabilitosi definitivamente a Tokio, il polistrumentista americano torna dopo la trilogia ispirata al cinema di Nicolas Roeg con un disco il cui titolo è una chiara dichiarazione di intenti. "Simple Songs" non fa altro che aggiungere l' ennesimo tassello alla storia musicale di uno dei personaggi più affascinanti della scena alternativa americana. Tutto gira intorno a canzoni semplici, o per meglio dire: semplicemente belle; meticolose e arrangiate in modo superbo. Ci sono gli archi, le chitarre, i pianoforti, i fiati. O' Rourke ci mette il cuore, costruendo con sapienza una serie di composizioni capaci di spaziare tra folk rock, progressive e pop orchestrale. Un puzzle in cui nulla risulta essere al posto sbagliato. Si inizia con l' ombra di Cat Stevens che aleggia su Friends with Benefits e Half Life Crisis, per poi passare alle trame prog di That Weekend e Last Year. Nell' accoppiata Hotel Blue e These Hands Jim lavora sulle corde della malinconia. Il risultato è una morsa allo stomaco. Stessa cosa per la dolente End of the Road, in cui l' influenza della tipica ballata in stile Genesis si fa ora molto più evidente. Il finale di  All Your Love è un tripudio di classe che veste i panni di un brano la cui direzione prende forme inaspettate. Un crescendo musicale al servizio della melodia.

Ispirato | 8

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